L’accumulo di debiti durante le attività di lavoro da libero professionista possono spingere a chiudere la partita IVA, ma questo è risolutivo?
Il mercato del lavoro è cambiato parecchio negli ultimi anni e se prima le professioni che consentivano di essere un libero professionista di contavano sulle dita di una mano, adesso ci sono tantissime attività che si possono svolgere come prestazione di servizio per qualche azienda.
Si tratta sicuramente di un’opportunità in più per i lavoratori – più facilmente assunti dall’aziende per lo svolgimento di lavoro a tempo e più liberi di passare al migliore offerente – e per le aziende che in questo modo non sono obbligate ad affidarsi ad un personale fisso interno, ma possono di fatto richiedere il lavoro a professionisti esterni che siano adatti al lavoro da svolgere e non devono versare contributi previdenziali.
In un mondo ideale tutto questo rappresenterebbe l’optimum, ma la realtà dei fatti è diversa. Se in teoria quanto abbiamo detto potrebbe verificarsi per buona parte dei liberi professionisti, in pratica in base al servizio svolto potrebbe essere complicato trovare nuovi lavori e essere in difficoltà economica per un periodo lungo.
Probabilmente molti sanno che nel caso della costituzione di una società, quando ad esempio si apre un negozio o un’attività imprenditoriale la si intesta alla società per evitare rischi personali, i debiti che superano i fondi della società possono non essere corrisposti se si chiude la partita IVA, ma è così anche nel caso della persona fisica?
Chiudere la partita IVA cancella i debiti accumulati? Tutto ciò che bisogna sapere
Innanzitutto bisogna sapere che prima che la partita IVA venga chiusa d’ufficio devono passare 3 anni durante i quali non deve essere stata emessa nessuna fattura. Per chiuderla subito è necessario presentare una dichiarazione di chiusura d’attività che per la persona fisica richiede la compilazione del modello AA9/12, mentre per la società quella del modello AA7/10.
Qualora però siano presenti debiti di qualsiasi tipo, sia con enti previdenziali che con l’Agenzia delle Entrate, che con banche e privati, nel caso della persona fisica questi non verranno cancellati d’ufficio. Il titolare di partita IVA è responsabile dei debiti accumulati e dovrà saldarli anche dopo la chiusura.
Qualora il debitore dovesse tardare a saldare i debiti contratti, l’Agenzia delle Entrate ha facoltà di procedere con il pignoramento, le banche e i privati possono inviare prima dei decreti ingiunti, ignorati i quali possono avviare procedure di recupero crediti ed infine il pignoramento di stipendi e possedimenti.
Potrebbe essere più soft la procedura dell’INPS che per il versamento dei contributi mancanti potrebbe concordare con il debitore un pagamento rateale abbastanza dilazionato nel tempo. In casi estremi, tuttavia, anche l’INPS ha facoltà di ottenere il saldo dei crediti attraverso il pignoramento.
L’unico modo di evitare il pignoramento in questi casi è quello di trovare un’accordo, anche per via legale, con il creditore e concordare un piano di pagamento che possa permettere di saldare i debiti.