I test hanno rilevato tracce di bisfenolo A anche in prodotti non destinati al consumo alimentare. Quello che c’è da sapere.
Prodotto fin dagli anni Sessanta dello scorso secolo, il bisfenolo A (BPA) è una sostanza chimica molto utilizzata nei Paesi industrializzati. Viene perlopiù impiegato per produrre plastiche in policarbonato, ma lo si utilizza molto anche nei recipienti per uso alimentare e nelle resine epossidiche che costituiscono il rivestimento protettivo interno presente in gran parte delle lattine per cibi e bevande.
Il problema consiste nel fatto che il bisfenolo A, per quanto molto diffuso e utilizzato, è considerato un interferente endocrino. Una sostanza, in altre parole, in grado di compromettere la salute andando ad alterare l’equilibrio endocrino, specialmente nelle fasi dello sviluppo uterino e della prima infanzia.
Come visto gli usi del BPA sono soprattutto legati all’uso alimentare, che però non è esclusivo. Il bisfenolo A viene utilizzato anche in campo non alimentare. Potrebbe essere presente perciò anche in prodotti insospettabili che usiamo tutti i giorni. I test hanno trovato tracce di bisfenoli in questi prodotti non alimentari, ecco di cosa si tratta.
Bisfenolo A, test trovano tracce anche in prodotti non alimentari
La presenza del bisfenolo A in prodotti non alimentari è stata confermata da un test condotto dall’Associazione per la Protezione dei Consumatori austriaci (VKI) che ha fatto emergere tracce di BPA anche nella biancheria intima per bambini e adulti. Il VKI ha testato 166 prodotti di marchi molto noti, da Adidas a Zara.
I capi di biancheria intima sottoposti ad analisi provenivano da negozi fisici e supermercati, ma anche da acquisti online, e rappresentavano una vasta serie di materiali e di prezzi. I risultati del test sono stati decisamente allarmanti: le tracce di bisfenolo sono state rilevate in oltre un terzo dei capi analizzati. Secondo gli esperti, alcuni BPA presenti nella biancheria intima potrebbero passare nel sudore e da lì nel corpo attraverso la pelle.
A essere contaminati erano in particolare i capi realizzati con fibre sintetiche (come la poliammide). Giusto all’opposto, la biancheria intima in cotone è risultata generalmente priva di bisfenoli o comunque presentava livelli molto bassi di BPA. I livelli più alti di bisfenolo A sono stati trovati nella biancheria intima femminile, anche in molti prodotti di fascia alta.
Anche i modelli “senza cuciture” e realizzati in fibra sintetica hanno fatto registrare un alto livello di contaminazione. I marchi più sicuri sono risultati alcune linee di biancheria intima di Intimissimi e Calvin Klein. Minima contaminazione anche in vari slip, mutande e boxer con alta percentuale di cotone di marchi più a buon mercato come H&M e Zara.
Oltre che nella produzione di plastiche, i BPA vengono usati per fissare i colori sui tessuti. Diversi studi hanno mostrato che anche basse dosi di bisfenoli possono alterare il sistema ormonale e compromettere la fertilità. Aumenta anche il rischio di cancro al seno, obesità, disturbi metabolici e patologie cardiovascolari. Non tutto ancora si sa sugli effetti a lungo termine dell’accumulo di BPA nell’organismo umano.